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Come fa a volare? Le ali (parte3)
Terzo appuntamento con il nostro angolo della
tecnica; continuamo la descrizione di questa
parte fondamentale per il volo che è l’ala.
Abbiamo detto che in essa vi trovano posto i flap
e gli slat (ipersostentatori posteriori ed anteriori)
che servono per aumentare la superficie alare a
bassa velocità, normalmente in decollo ed in
atterraggio, ma vi trovano posto anche i diruttori
(aerofreni), parti mobili che servono per
“disturbare” il flusso d’aria aumentando la
resistenza e quindi diminuendo quella forza che si
chiama portanza.
Tutte queste parti vengono
azionate da attuatori che funzionano come cilindri
idraulici (essenzialmente per gli aerofreni) e da
martinetti a ricircolo di sfere per l’azionamento di
flap e slat; questi ultimi sono collegati tra di loro
da alberi di rinvio che collegano tra di loro tutti i
martinetti posteriori (flap) e quelli anteriori (slat).
Ovviamente sono due linee ben diverse e sono
azionate da unità di controllo che ricevono la
potenza dall’impianto idraulico di bordo.
Ricapitolando: l’unità di controllo, azionata dall’energia idraulica di bordo, comanda la rotazione degli alberi i quali, a seconda di come ruotano, estendono o retraggono i martinetti che, collegati fisicamente ai flap/slat, ne provocano l’estensione/retrazione a seconda del comando ricevuto. Per gli aerofreni il discorso è più semplice: esiste un comando di estensione e di retrazione, mentre la superficie mobile è azionata direttamente dal cilindro idraulico.
Esistono anche altre superfici di controllo specialmente su aerei di grandi dimensioni: sono superfici simili ad alettoni, installati circa a tre quarti della semiala, verso la fusoliera, che comandati dall’autopilota consentono piccole correzioni di rollio in caso di aria agitata.
Abbiamo parlato di rollio, che sarà mai?
L’aereo
si muove nello spazio e di conseguenza ha tre
assi di movimento:
-
quello che da prua va a poppa ed il movimento attorno a quest’asse si chiama rollio;
-
l’asse che va da una estremità alare all’altra ed il movimento attorno a quest’asse si chiama beccheggio
-
l’asse perpendicolare all’aereo (quello che va da sopra a sotto per intenderci) e il movimento attorno a quest’asse si chiama imbardata.
Il pilota
automatico, fra le sue funzioni, ha anche quella
di azionare alcune superfici mobili per far si che
l’aereo voli diritto senza piegarsi da una parte o
dall’altra con conseguenze poco piacevoli per i
passeggeri.
Vi sono poi i piani di coda che influiscono in
minima parte a generare la “portanza” ma sono
fondamentali per permettere all’aereo di
scendere (picchiare) o di salire (cabrare); in
realtà i piani di coda si chamano impennaggi
orizzontali e sono formati da due parti, la parte
fissa (o quasi perchè sono permesse piccole
rotazioni per le compensazioni) chiamata
stabilizzatore e la parte mobile chiamata
elevatore.
Nella parte mobile vi è poi una piccola aletta che
si chiama trim che, azionata diverse volte
durante il volo, serve a far sì che i comandi non
diventino “pesanti” da azionare: il baricentro
dell’aereo - infatti - cambia in continuazione a
causa del consumo del carburante e, di
conseguenza, cambiano le forze in gioco.
Ultimo comando di volo, ma non meno
importante, situato anch’esso in coda, è il
timone, anch'esso formato da due parti: la parte
fissa, impennaggio verticale e la parte mobile,
timone di direzione.
Il principio di funzionamento
è identico a quello degli alettoni, ruotando verso
destra o sinistra genera una forza che fa virare
l’aereo a sua volta verso la parte in cui la forza
creatasi è minore.
Appuntamento al prossimo capitolo in cui parleremo dei motori, senza i quali non andremmo da nessuna parte.